Stallo all’Americana

Trump non è l’unico ad essere sotto i riflettori: gli effetti dell’impeachment sui democratici.

Pelosi announcing the results of impeachment – Wikimedia Commons

Il dibattito pubblico americano da alcuni mesi a questa parte è dominato da due elementi che proseguono ormai parallelamente: da un lato la sfida delle primarie democratiche, che ci dirà chi sarà lo sfidante finale di Trump; dall’altra le rumorose vicende dello stesso Trump, che da settembre è al centro di una vicenda ben più seria delle solite polemiche che si sono sollevate in passato attorno alla sua figura.

Alla fine dell’estate scorsa infatti sui banchi delle commissioni Intelligence di Camera e Senato è arrivato un report prodotto da un informatore anonimo, che rendeva nota una controversa conversazione telefonica avvenuta in primavera fra il presidente Trump e il suo omologo ucraino, Volodymyr Zelensky.

Dalle trascrizioni di questa conversazione sembra emergere che il presidente americano abbia chiesto a Zelensky un “favore” ben al di fuori dalla prassi presidenziale: screditare Joe Biden, il suo potenziale rivale per le elezioni presidenziali. 

Dopo aver ricordato al suo omologo gli ingenti aiuti militari che gli USA da anni forniscono al governo di Kiev per sostenerlo nel Donbass — regione dell’Ucraina orientale tristemente protagonista dal 2014 di un conflitto tra forze ucraine e separatisti filo-russi —Trump chiede a Zelensky di indagare sul figlio di Joe, Hunter Biden, ponendo come “contropartita” proprio gli aiuti sopracitati. Hunter siede dal 2014 nel consiglio di amministrazione della Burisma Holdings, azienda produttrice di idrocarburi che opera proprio in Ucraina, già in passato finita sotto indagini che tuttavia non hanno mai prodotto esiti contro Hunter.

La notizia della conversazione comincia ad occupare sempre più spazio nei media del paese, e i democratici si trovano davanti ad un bivio: assumersi il rischio di cominciare un impeachment contro Trump, oppure non ritenere sufficienti le prove a disposizione, lasciando però Trump “impunito” e con la possibilità di riprovare ad “abusare” dei suoi poteri.

Si arriva così al 24 settembre 2019, quando la Presidente della Camera, la democratica Nancy Pelosi, annuncia l’apertura formale della procedura d’impeachment. Un processo a cui si è ricorso solamente tre volte negli oltre duecento anni di storia del paese.

Ma non è così facile. La procedura per andare in porto ha bisogno di superare il voto di Camera e Senato. Nella prima, controllata dai democratici, è necessaria la maggioranza semplice. Al Senato invece, in mano ai repubblicani, sono necessari i due terzi dei voti favorevoli. Le possibilità di un successo finale sembrano scarse. È molto difficile che i repubblicani decidano di votare contro il proprio cavallo vincente. E come se non bastasse gli stessi democratici non sono sembrati compatti negli scorsi mesi. L’elettorato infatti è fortemente spaccato. Come racconta un reportage del NYT, molti deputati democratici, dopo aver preso posizione a favore dell’impeachment, hanno subito l’ira di una parte del proprio elettorato. È il caso della deputata Elissa Slotkin del Michigan, che durante l’annuncio della sua posizione nella propria circoscrizione, è stata raggiunta contemporaneamente da reazioni di odio e di sostegno. Fischi e applausi si sono alternati in un comizio molto teso, che già preannuncia la difficoltà di una sua futura rielezione. Per lei e molti altri deputati la tentazione di astenersi e non prendere posizione rimane molto forte.

Ciò nonostante il 19 dicembre i democratici votano compatti superando la maggioranza alla camera e mettendo formalmente in stato d’accusa il presidente.

La domanda ora è se e come sarà possibile superare il voto al Senato. Secondo lo storico Rick Perlstein, intervistato da Fareed Zakaria su Global Public Square (CNN), solo una forte mobilitazione dell’opinione pubblica potrà scuotere i repubblicani. A suo parere, invece che concentrarsi sulla gravità del singolo episodio, i democratici dovrebbero spiegare agli americani quanto sia scorretto l’intero modo di operare dell’amministrazione Trump, come avvenne per il processo di impeachment di Nixon, che finì per essere abbandonato dai suoi stessi senatori. Soltanto “educando” il sentimento pubblico potranno aumentare le possibilità di successo.

Come disse Lincoln: “in this country public sentiment is everything […] whoever moulds public sentiment goes deeper than he who enacts statutes, or pronounces judicial decisions”.

Leonardo “João” Trento

Articolo estratto dal mensile “Scomodo” N. 27 – Dicembre 2019 – https://www.leggiscomodo.org/